Hanno ucciso l’Uomo Ragno, ecco la nuova serie degli 883

Chi abbia ucciso l’Uomo Ragno a distanza di oltre trent’anni ancora non si sa. Ma non è la soluzione di questo caso a interessare Sydney Sibilia, quanto trovare la chiave narrativa per raccontare come abbiano fatto all’inizio degli anni Novanta due compagni di banco appassionati di musica e fumetti a arrivare dalla provincia, allora profondissima, di Pavia, a Milano — «La grande metropoli che avevamo sempre guardato da lontano, da quei trenta chilometri che psicologicamente erano più di tremila» — e poi a diventare un fenomeno generazionale che non ha ancora esaurito la sua forza. Come si è visto al Circo Massimo poche settimane fa. Il regista della trilogia Smetto quando voglio e Mixed by Erri ha scelto la storia di Max Pezzali e Mauro Repetto per la sua prima esperienza di serialità. Sta girando la prima stagione di Hanno ucciso l’Uomo Ragno. La vera storia degli 883, in arrivo su Sky nel 2024, prodotta da Sibilia con Matteo Rovere, scritta con Francesco Agostini, Chiara Laudani e Giorgio Nerone, mentre nella regia sono coinvolti Francesco Ebbasta e Alice Filippi. Una parabola molto italiana, «ma con la forza, come è già successo con Gomorra e Romanzo criminale, per arrivare ovunque», sintetizza a nome di Sky Neils Hartman. «In genere chi ha successo sembra predestinato — riflette il regista —. Max e Mauro, al contrario, sembravano predestinati all’insuccesso. La loro è la storia di un’amicizia capace di sfidare il destino. Sono arrivati a avere un successo enorme: li conoscevano tutti». Siamo in un parco acquatico romano dove è stato ricostruito l’Aquafan di Riccione com’era nell’estate del 1992. Si gira la scena in cui il duo (Elia Nuzzolo è Max, Matteo Oscar Giuggioli Mauro) fresco del boom dell’album d’esordio, si esibisce nel primo live, con una folla già adorante in attesa, un record di presenze. Centinaia di comparse in costume, un tuffo indietro di trent’anni. Quindi si passa a quella in cui il fondatore di radio Deejay Claudio Cecchetto (Roberto Zibetti) comunica loro che faranno la prima intervista (con Cioé) e li sprona scrivere un secondo album. Tra i personaggi della serie di cui le riprese continueranno fino al 5 dicembre, anche Albertino e Fiorello. Alla base di tutto, il libro di Max Pezzali, I cowboy non mollano mai, uscito nel 2013. «Mi ha colpito — dice Sibilia — il modo in cui parlava di sé e di Repetto. Ma la vera storia è già tutta nelle canzoni. Testi straordinari, preghiere per noi. Nessuno aveva mai scritto canzoni usando parole come Arbre magic, tappetini, deodorante». Quegli anni prima di Internet, Sibilia, classe 1981, li ha conosciuti dalla tv. E certo non era l’immagine la carta vincente di Pezzali & Repetto. «I cantanti erano dei fighi pazzeschi, loro non erano considerati cool. Erano primi in classifica, ma non li facevano vedere, anche nella copertina dell’album sono di spalle. Non erano neanche nerd, ma sfigati veri, cosa che rivendicano con orgoglio incredibile. La sintesi è nel nome scelto: 883. L’Harley Davidson, certo, ma il modello base. Usciti dal nulla, hanno segnato un’epoca». Un’epoca remota per i due giovani interpreti. «Siamo il multiverso di Max e Mauro», scherzano. Hanno studiato canto, come coach Ciro Caravano dei Neri per caso, hanno inciso tutti i pezzi sulle basi originali. «Max è contentissimo — dice Nuzzoli —. Abbiamo cantato insieme a Pavia». Repetto, come prevedibile, si tiene a distanza. «È un personaggio molto interessante — dice Sibilia —. Un grande mistero. Senza di lui non ci sarebbero stati gli 883, non solo per le coreografie, pre TikTok. È lui la miccia che fa scoppiare la bomba H». corriere.it