Ho perso un amico, Antonio Pennacchi era un intellettuale senza “puzza sotto il naso”
di Biagio Cacciola
Potrei parlare per ore di Antonio Pennacchi, dell’amicizia che abbiamo coltivato per anni, delle riunioni culturali a cui abbiamo partecipato, della verve polemica che lo sosteneva. Qui voglio ricordarlo soprattutto come uno dei pochi intellettuali senza “puzza sotto il naso”.
Perché Antonio non ha mai rinnegato le sue origini, di pontino arrivato con la famiglia in uno dei Borghi che aveva fatto di Latina la seconda città del Lazio. E questo è stato il motivo conduttore della sua vita. Dapprima operaio della Fulgorcavi e poi scrittore che si è guadagnato il successo fino al premio Strega del 2010 con canale Mussolini. Una vita dura che ha sempre rivendicato, ma piena di entusiami. Sin da quando, ragazzo, litigò sulla partecipazione o meno, a una manifestazione antiamericana con l’allora segretario storico del Msi di Latina, Aimone Finestra. Da lì la svolta verso “Servire il Popolo” e l’area comunista.
Da qui l’epopea di fasciocomunista che lo ha accompagnato tutta la vita. Specie dopo il successo del Film “Mio fratello è figlio unico” di Daniele Luchetti ispirato proprio al suo best seller “Il fasciocomunista”. Perché Pennacchi era così, sanguigno, istintivo, che per sostenere le sue idee non esitava a togliersi la giacca come nello scontro in una famosa conferenza al Doolin di Latina con il giornalista Giuli. Non gli piacevano gli snob fossero di destra, centro, sinistra. Era contento di essere un provinciale. Uno che amava la sua terra fino a farla oggetto di narrazione epocale, documentando gli spostamenti di tante famiglie dal Veneto alla Pianura pontina.
Storico delle città di fondazione sparse in tutta italia,analizzava comportamenti, tradizioni di quei migranti interni . Quando discutevano su ciociari e veneti e sul loro difficile amalgama in terra di bonifica scoppiavano le scintille ,ma dopo ,puntualmente, finivamo in una trattoria della Ciociaria o magari setina.
La sua voglia di giustizia sociale era inestinguibile. Quella stessa voglia che lo aveva fatto approdare da ragazzo nel msi, per poi staccarsene, quando quel partito si era posizionato in fondo a destra. Fu maestro in questa opera di disillusione politica che lo portò a essere simpatizzante di D’Alema che apprezzava per la sua “antipatia” e antidemagogia. Aveva la capacità di demistificare le cose che apparivano a prima vista “nobili” e che puntualmente si rivelavano “ignobili”.
La sua critica a un certo tipo di borghesia radicalchic era spietata e il suo linguaggio, diretto duro, prosaico. Ciao Antonio ci mancherai tanto. Ora continua a discutere delle iene del Circeo con chi te ne può svelare il mistero in modo completo.