Inchiesta mascherine nel Lazio, truffa aggravata 3 arresti
Una fornitura di camici e mascherine privi di certificazione e destinati alla Protezione civile del Lazio: tre imprenditori sono finiti agli arresti domiciliari con le accuse di frode nelle pubbliche forniture e truffa aggravata ma a due di loro i pm Rosalia Affinito e Paolo Ielo contestano anche il traffico di influenze illecite. Nei confronti di Andelko Aleksic , Vittorio Farina e Domenico Romeo è stato anche eseguito dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria un sequestro di beni di circa 22milioni di euro. Mentre una misura interdittiva ha colpito la milanese European Network Tlc srl che non potrà piu fare affari con la pubblica amministrazione.
A fronte dei contratti sottoscritti con la Protezione civile l’impresa milanese che faceva cao ad Aleksic avrebbe fornito documentazione rilasciata da enti estranei agli organismi deputati al via libera delle certificazioni. In seguito ha prodotto falsi certificati di conformità rilasciati da Romeo. La merce proveniva tutta dalla Cina. Si tratta di cinque milioni di mascherine e 430mila camici medici.L’inchiesta era partita dalla segnalazione dell’agenzia regionale della Protezione civile del Lazio alla Procura di Roma.
Il 7 luglio 2020 Farina, Sposato e Aleksic dialogano in conference call tra loro dei problemi relativi alle certificazioni della merce promessa alla Protezione civile. Dice Sposato: «La certificazione che noi abbiamo allegato all’inizio era una conformità. Era una conformità non come Dpi (dispositivo di protezione individuale, ndr). Questo è l’unico buchetto che c’è per il resto è tutto come dici tu, ma questo glielo abbiamo già scritto in passato».
In un’altra intercettazione si fa riferimento all’ex commissario straordinario Domenico Arcuri: «Domenico mi ha promesso che se gli arriva la lettera autorizza quell’acquisto (…) la dovrebbe fare oggi, oggi la deve fare e oggi pomeriggio ci deve fare l’ordine»: parole di Vittorio Farina, uno degli indagati dell’inchiesta. Un incontro tra Arcuri e Farina, secondo quanto riferito da quest’ultimo a un altro indagato, ci sarebbe stato il 3 settembre 2020. «In occasione di un ulteriore viaggio a Roma – scrive il gip Francesca Ciranna – Vittorio Farina è riuscito ad incontrare il commissario straordinario Domenico Arcuri, come sembra emergere dai puntuali aggiornamenti effettuati da Farina ad Aleksic». L’ex commissario all’emergenza pandemica, spiegano a piazzale Clodio, è oggetto del traffico di influenze e non indagato nella vicenda.
Parlando dei camici, Aleksic riferisce di essere interessato alla documentazione da allegare e aggiunge: «Tanto so tutti falsi sti certificati». Osserva il gip Francesca Ciranna: «Le condotte tenute sono gravi a maggior ragione se contestualizzate nel momento di emergenza sanitaria in cui sono avvenute. Sfruttando le opportunità fornite dalla legislazione emergenziale, approfittando del momento di estrema difficoltà in cui versava il Paese, gli indagati (Romeo subentrato in un secondo momento) non hanno esitato a cercare di lucrare, e acquisire facili guadagni favoriti dalla sostanziale impossibilità di controllo da parte del committente sulla qualità della merce». Ancora: «Gli indagati hanno agito con grande spregiudicatezza. Romeo ha fornito (e sembrerebbe tuttora fornire) certificati di conformità falsi; Aleksic ha dimostrato di essere consapevole della falsità dei certificati; Farina è il “faccendiere”, colui che ha tenuto i contatti con soggetti vicini alla struttura commissariale per ottenere agevolmente forniture vantaggiose per la società».
E intanto per l’inchiesta che procede in parallelo e riguarda la fornitura di mascherine stamattina s’è svolto l’interrogatorio davanti al gip di Roma di Mario Benotti, raggiunto da una misura interdittiva. Gli inquirenti procedono per l’accusa di traffico di influenze illecite in concorso aggravato dal reato transnazionale. «Ha risposto a tutte le domande, anche a quelle dei pm, chiarendo tutta la vicenda — hanno riferito i difensori Giuseppe Ioppolo e Salvino Mondello —. Ha spiegato lo sviluppo dei rapporti con l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, avvenuti tutti in modo trasparente, alla luce del sole. Ci sono centinaia di mail con tutti i nomi. La richiesta di mascherine è venuta da Arcuri e lo Stato da questa vicenda ha avuto solo vantaggi».
Le indagini della Procura di Roma riguardano affidamenti per un valore di 1,25 miliardi di euro effettuati da Arcuri a favore di tre consorzi cinesi, per l’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine, con l’intermediazione di alcune imprese italiane (Sunsky srl, Microproduts it srl, Partecipazioni Spa e Guernica srl) che hanno percepito commissioni per decine milioni di euro. «Le provvigioni sono state decise dopo l’accordo e Andrea Vincenzo Tommasi ha dato una parte di provvigioni, pagate dai cinesi, a Benotti» hanno spiegato i difensori che annunciano un’istanza di revoca della misura interdittiva. Si sono invece avvalsi della facoltà di non rispondere gli altri indagati, anch’essi raggiunti da provvedimenti di limitazione, Andrea Vincenzo Tommasi, Georges Fares Khouzam e Daniela Rossana Guarnieri. corriere.it