Non buttare il pane “vecchio”, fa bene alla salute e al pianeta
Recuperare il pane raffermo fa bene al pianeta e anche alla salute. Nella baguette non più fragrante si forma l’amido resistente, che potrebbe migliorare la composizione del microbiota, il popolo di batteri e altri microrganismi del nostro intestino.
La stima, francamente agghiacciante, è che un terzo di tutto il cibo prodotto venga perso oppure sprecato. Nel nostro Paese uno degli alimenti che finisce più spesso nel bidone è proprio il pane e la cosa fa ancora più specie perché si tratta del simbolo dell’umanità a tavola, il nutrimento degli Egizi e degli Ittiti, degli Ebrei e dei Romani, «il pane quotidiano» delle preghiere.
Ogni italiano ne getta circa un chilo ogni anno (secondo l’ultimo report di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability). Basterebbe congelarlo: il pane in freezer infatti non perde le sue proprietà nutrizionali e si può farlo rinvenire poi al microonde, nel tostapane oppure nel forno.
Le michette che non sono più fresche vengono riciclate con un po’ di fantasia e un occhio alla tradizione. Si ottengono crostini per le zuppe, si prepara la panzanella della gastronomia toscana con una base di pomodoro e olio, si realizza il pangrattato, si tostano le bruschette. In Campania viene realizzato «o’ mascuotto», una specialità croccante da inzuppare nei minestroni o nei sughi.
Il pane raffermo da qualche anno è oggetto di curiosità da parte degli scienziati. Al suo interno si crea una frazione di amido che non viene modificata e assorbita durante la digestione. Si chiama amido resistente (nel senso che resiste agli enzimi digestivi) e raggiunge l’intestino crasso, dove si comporta come la fibra alimentare: può essere fermentata dai batteri probiotici che a loro volta producono postbiotici come gli acidi grassi a catena corta, utili alla salute umana.