Omicidio Gilberta Palleschi, nuovo sconto di pena
Anche in caso di discutibili perizie sul vizio parziale di mente, i giudici devono propendere per quella che, pur nel «dubbio», consente al femminicida i relativi sconti di pena. Per questo la Cassazione – nonostante un agguerrito ricorso del pg della corte di appello di Roma e dei familiari della vittima – hanno confermato la condanna a venti anni di reclusione, a fronte dell’ergastolo inflitto in primo grado, a carico di Antonio Palleschi, reo confesso della terribile uccisione di una insegnante di inglese avvenuta il primo novembre 2014. Sorpresa mentre faceva jogging nei pressi di Sora (Cassino), la donna – Gilberta Palleschi, di 57 anni, solo per caso omonima del suo assassino – venne gettata a terra e aggredita sessualmente, chiusa ancora viva nel bagagliaio dell’auto, gettata in una scarpata e finita a colpi di pietra. Poi l’omicida andò a pranzo con un’amico e il giorno dopo oltraggiò il cadavere della vittima mentre i familiari e le forze dell’ordine la cercavano. Fu trovata dopo quaranta giorni.
In primo grado, il gup aveva respinto la richiesta di perizia psichiatrica ritenendola «senza alcuna base scientifica», e condannò Palleschi all’ergastolo senza isolamento per effetto del rito abbreviato. La corte di appello di Roma, invece, nel 2017 riconobbe il vizio parziale di mente e ridusse la pena a venti anni. Invano nel ricorso il Cassazione, il pg di Roma ha fatto presente che la perizia «non ha formulato valutazioni di certezza diagnostica». Ad avviso della Cassazione, «il dubbio sulla sussistenza del vizio di mente deve essere apprezzato in relazione al canone di garanzia “in dubio pro reo”, sì che non è necessario che ricorra la prova certa del vizio parziale di mente». Grazie all’ipotesi del «discontrollo» dei suoi impulsi, l’omicida ha già chiesto la liberazione anticipata. corriere.it