PizzAut, ecco il primo locale gestito da ragazzi autistici
Un posto di lavoro a tempo indeterminato, l’apertura di un ristorante che nel primo giorno di attività ha raccolto settantacinque coperti, sette contratti di tirocinio lavorativo: se questa non fosse una (bella) storia di inclusione, potrebbe benissimo essere raccontata come una startup di successo. Ma dietro la pizzeria che ha aperto pochi giorni fa a Cassina De’ Pecchi, nel Milanese, c’è molto di più: ci sono dei ragazzi autistici che hanno trovato lavoro nel settore che maggiormente gli viene ancora precluso, quello della ristorazione. Cioè quello in cui serve saper stare in mezzo agli altri. Il ristorante si chiama PizzAut e se la prima parte del nome evoca la specialità della casa (pizze basse e croccanti) la seconda richiama l’autismo, cioè quello che accomuna Francesco, Alessandro, Matteo e tutti gli altri ragazzi del progetto-sogno di Nico Acampora.
Sì, Nico, che ha cinquant’anni e che prima di inventarsi il progetto PizzAut (la onlus che ha dato vita al ristorante) non aveva mai impastato una pizza in vita sua. «Ma sono papà di Leo, un bambino autistico – racconta – e la pizza è stata una salvezza. La paura delle reazioni imprevedibili del bambino ci frenava dall’andare fuori a cena e così abbiamo cominciato a invitare amici a casa».
Capricciosa chiama Margherita e il passo è stato breve. «L’idea mi è venuta nel 2018, alle due di notte. Mi sveglio e dico a mia moglie: “Stefania, dobbiamo aprire un ristorante gestito solo da ragazzi autistici. Lei naturalmente mi risponde “Dormi che stamattina mi devo alzare presto” ma il giorno dopo io ero già alla scrivania ad abbozzare il progetto». Il sogno di Nico sembrava irrealizzabile non solo perché per i ragazzi autistici non è facile stare in mezzo al pubblico, ma anche perché non si sa come potrebbero reagire, per esempio, toccando l’impasto molliccio della pizza. «E infatti, quando abbiamo cominciato a fargli fare la formazione, alcuni non hanno retto a questa sensazione tattile e non hanno più impastato». Poco male: oggi questi fanno i camerieri o svolgono altre mansioni nel ristorante.
Ristorante che, da quella notte insonne del 2018, non ha mai abbandonato la fantasia (pragmatica, per carità) di Nico. «Tanti ristoranti – ricorda – ci hanno aiutato e hanno fatto fare pratica ai ragazzi. Poi quando ci siamo iscritti a una piattaforma di crowdfunding per raccogliere le risorse, beh, sono arrivati subito 115mila euro». Poi però è arrivata anche la pandemia.
Dunque il progetto del ristorante si è dovuto arrendere al lockdown. Ma non ha fermato quella forza della natura che è Nico Acampora. Il quale, nel rispetto delle norme, si è inventato un truck-food che ha portato la pizza anche davanti a Montecitorio, con la specialità «Dpcm» cotta sul momento per Giuseppe Conte. Nel frattempo è arrivato Mario Draghi, sono arrivati anche i vaccini e finalmente il primo maggio scorso, alla presenza della presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, Nico e i suoi ragazzi hanno tagliato il nastro del ristorante PizzAut, 300 metri quadri all’interno e altrettanti all’esterno, un centinaio di posti, una cucina con l’area riservata per i cibi senza glutine.
«Importante », fa notare Acampora: «molte persone autistiche sono intolleranti al glutine e così pure in questo caso il rispetto del loro benessere diventa anche quello dei clienti». Il giorno dell’inaugurazione non è stato facile: oltre alla comprensibile emozione, i giovani cuochi e camerieri hanno affrontato la confusione, i controlli della polizia, di routine quando c’è un’alta carica dello Stato, e così via. Ma poi tutto è passato e i 75 coperti del primo giorno di lavoro sono stati un risarcimento e un viatico importante. Sia per Matteo Celeghini, 24 anni, pizzaiolo a tempo indeterminato, che per tutti gli altri lavoratori.
La cosa bella di questo ristorante è che è costruito intorno a loro ma sembra cucito anche addosso a noi, che non ne possiamo più dei posti rumorosi, con le luci sbagliate e i materiali scadenti. «Per fare meno rumore e dunque per non irritare la loro sensibilità — spiega Nico — abbiamo il soffitto insonorizzato e i mobili “rallentati”. Nel senso che sono progettati in modo da non avere parti come le ante che sbattano all’improvviso». Un sollievo il solo pensarlo. Ma non è tutto. «Le luci sono state studiate attentamente e il nostro impianto è senza coni d’ombra, vale a dire che si percepisce una luce omogenea, riposante. E ancora: abbiamo il caffé fresco ma non viene macinato sul posto, perché quel rumore irrita le loro orecchie». I bicchieri e le brocche non sono in vetro ma nemmeno di plastica: dopo attenta ricerca è stato scelto il poli propilene infrangibile, nel rispetto dell’ambiente. Niente policromia, che genera confusione, ma pochissimi colori e distribuiti in modo uniforme seguendo le sfumature del legno. Due i colori base dei pavimenti: nero per gli spazi in comune e bianco per quelli di uscita, compresa l’uscita di emergenza.
E anche il cuore del ristorante, cioè la cucina, è «tagliata» per loro: il forno a legna poteva dare qualche problema (magari qualcuno può infornare la pizza e poi dimenticarla). Allora è stato preso un forno tunnel, di quelli a nastro, con la temperatura e il tempo di cottura regolabili mediante un piccolo computer. Così i ragazzi possono concentrarsi sulla qualità della pizza che, per inciso, pare sia squisita. E si sono messi al servizio del ristorante in tutti i sensi. «Per esempio — dice Acampora — c’è Lorenzo che ha una forma di ipertimesia, cioè una capacità incredibile di calcolare le date. Allora quando entra un cliente lui gli chiede la data di nascita e pochi secondi dopo gli dice in quale giorno della settimana quel cliente è nato».
Il futuro di PizzAut? «Poco per volta assumere stabilmente tutti e poi, perché no, diventare un franchising e non a caso abbiamo registrato il marchio», dice Nico. Che ricorda bene quella psicoterapeuta che seguiva suo figlio, la quale, dopo averlo sentito parlare del progetto, lo liquidò dicendo: «Acampora, lei è il solito papà frustrato che non si arrende alla disabilità di suo figlio e si inventa progetti irrealizzabili». Dottoressa, assaggi questa pizza: si ricrederà. corriere.it