Sconfigge la leucemia e scala il vulcano più alto del mondo, in Ciociaria ecco la storia di Andrea

La prima battaglia l’ha vinta in ospedale, ed era la più dura che la vita potesse presentargli: quella contro la leucemia. Poi si è assicurato un altro successo, da record: scalare la cima del vulcano più alto del mondo, l’Ojos del Salado, nelle Ande, al confine tra Argentina e Cile: 6.891 metri percorsi attraverso una serie infinita di pericoli, dalla scarsa ossigenazione ai sentieri impervi, dai venti gelidi alle pendenze delle rocce, dalla neve alle distese di sabbia. Una fatica immane; ma non per lui, Andrea Cappadozzi, 55 anni, commercialista di Castro dei Volsci che, assieme al fidato compagno Christian Ghini, ha sfidato la resistenza e la tempra umana per piantare la bandiera italiana in vetta al vulcano. Un’impresa che parte da lontano. «Trent’anni fa – racconta Cappadozzi – mi ero trasferito, per lavoro, in Val Gardena e la montagna divenne subito il mio hobby. Mio zio gestiva un rifugio a Passo Selva e così cominciai a scalare tutte le vette del posto» Quella passione, che ormai aveva nel sangue, non aveva fatto però i conti con gli imprevisti della vita. Era il 2016 quando provò a scalare proprio l’ Ojos del Salado, un vulcano che mette a dura prova anche i nervi più saldi e i muscoli più allenati. Ma a metà del percorso si dovette arrendere: i muscoli non rispondevano, la respirazione era sempre più difficile. «Furono giorni che hanno segnato indelebilmente la mia vita – racconta-. Avevo un serio problema di salute che non mi lasciava l’energia giusta per portare a termine il mio sogno. E non lo sapevo. Tornato dalle Ande, il 1° luglio, al Policlinico di Roma, mi fu diagnosticata una rara forma di leucemia. Per me fu un incubo. Appena uscii dalla visita riferii il responso a mia moglie e ai miei famigliari. Caddero nella disperazione. Io, invece, provai a darmi forza chiedendo alla dottoressa se sarei potuto tornare a scalare le montagne. Mi rispose di sì. Dissi tra me e me che per raggiungere il mio sogno avrei dovuto metterci ancora più forza e coraggio. Il 1° agosto, dopo aver consultato i migliori specialisti oncologici, iniziai le cure di chemioterapia». Cappadozzi inizia un duro percorso di recupero, con lunghe, lunghissime camminate, sempre accompagnato dalla sua inseparabile moglie, Tiziana Pagliaroli. E ogni chilometro percorso era una tappa di un tragitto tutto in salita. Finalmente, dopo qualche mese, le analisi confermano che il male è stato sconfitto, debellato. E il primo pensiero torna subito a quel vulcano che non era riuscito a conquistare. Così intensifica gli allenamenti e chiama il suo compagno di avventure, il medico Christian Ghini: «Partiamo?» E’ bastato poco per riorganizzare le idee e senza sponsor, senza guida e senza aiuti, sono partiti. «È stata una scalata tosta – racconta Cappadozzi – non sono mancati i rischi: Christian ha avuto episodi importanti di ipotermia quando le temperature sono precipitate a -30, poi anche un edema corneale. Ma abbiamo stretto i denti e abbiamo continuato per la nostra strada, ripagati dalla magnificenza di quei luoghi incantati, da quei paesaggi suggestivi. Poi quella cima imperiosa, fiera, possente…siamo stati ampiamente risarciti di ogni sforzo e sacrificio! L’avventura è durata  18 giorni. Ci siamo alimentati con tonno, cipolle, pomodori e fagioli neri. Poi, tanta frutta e zuccheri. Serve una giusta alimentazione: tanti sali minerali e zuccheri. E’ necessario, poi, bere almeno quattro litri di acqua al giorno». Cappadozzi non trattiene l’emozione, poi riprende: «Per un’impresa di questo tipo occorre allenarsi almeno tre volte a settimana. Non esistono scorciatoie. Solo sudore per scalare 7mila metri. Basti pensare che questa impresa riesce solo al 20% delle persone che ci provano: ogni 100 escursionisti solo 20 arrivano in cima». E per il futuro? «Mio figlio già mi ha chiesto di andare insieme sul Kilimangiaro, chissà… ! Ho 55 anni e poco tempo, visto che il mio lavoro di commercialista me ne sottrae tanto. Mi ritengo un uomo fortunato per aver vinto contro quel male subdolo che è la leucemia e poi per aver realizzato il mio desiderio. Per ora, diciamo, mi fermo qui…». E ai figli ripete un solo insegnamento: «La vera medicina per combattere i mali è quella di inseguire i propri sogni, di non abbattersi mai». corriere.it