Si cala con il lenzuolo da una casa di riposo, anziano perde la vita
«La domanda che mi sono fatto: una volta arrivato al marciapiede, qual era sua meta? La casa di Mario è lì vicino, aveva oltre novanta anni, è sempre vissuto lì… Mi vien da pensare che volesse raggiungere casa…». Mario è Mario Finotti, l’anziano ospite dell’Opera pia Bottoni di Papozze, in provincia di Rovigo, che, all’alba di lunedì, ha perso la vita nel tentativo di lasciare la propria stanza al primo piano della casa di riposo annodando delle lenzuola e calandosi dalla finestra. La corda improvvisata ha retto ma, probabilmente per una scivolata, comunque per un imprevisto, uno strattone violento, forse la compressione dei polmoni, ha provocato la morte. La verità abita nel pensiero di un uomo che non ha più voce per raccontarla ma il suo gesto ha, aveva un senso. Per Diego Guolo, che della Bottoni è il presidente, si è trattato di un viaggio di ritorno. «Casa — riprende — è il posto che vogliamo raggiungere tutti, ogni giorno. Finito il lavoro, la prima cosa che si dice è: “Non vedo l’ora di tornare a casa”. Anche lì, poi, ti aspettano altri impegni o ancora lavoro ma è il posto che ti dà sicurezza, serenità tra le tue mura, ti dà tranquillità».
Mario Finotti era in casa di riposo da circa un anno. Prima, un amico e vicino di casa gli dava una mano. «Lo accompagnavo a fare la spesa qualche volta, magari dal dottore o a fare qualche visita. L’ho seguito non tantissimo ma per due, tre anni», dice Fabrizio, per tutti, qui a Papozze, Lucio. E l’idea di casa? «Ma non aveva nessuno a casa. Chi gli stava dietro? Si parlava anche di una badante ma non resisteva nessuno con Mario. Diceva: “Non mi sono sposato perché voglio stare libero…”». Libertà: un bisogno più che un desiderio, talmente forte da azzardare una discesa in cordata a novant’anni: «Perché sia uscito dalla finestra non lo so — riprende Lucio —. Anche alla nipote diceva sempre che stava bene: “Non chiamatemi perché sto bene qua”. Effettivamente, però, Mario non resiste(va) da nessuna parte. Era stato a Molinella di Bologna con la nipote per un periodo, poi era tornato qui, a Papozze. Di recente era stato in ospedale, era tornato in famiglia per un po’ e però voleva andar via. Lui a casa sua stava bene, però da solo non poteva più stare. A 91 anni ha bisogno di aiuto…». Fino a un certo punto quel che potevano fare Lucio e la famiglia, pur lontana, è stato sufficiente, poi non più: «Era abbastanza terribile, eh, Mario. Mi diceva: “Guarda che devi prima fare le mie cose e poi le tue, hai capito?”. E io: “Guarda che son venuto ma non credere che sia sempre qui a seguirti come vorresti tu…”. “No, no…Tu prima devi fare gli interessi miei e poi i tuoi”».
Ancora il presidente Guolo: «I parenti, per quel che dovevano, si sono sempre interessanti a Mario. Non credo certo che gli abbiano fatto mancare l’affetto familiare. Non penso fosse quello il motivo della fuga… Per l’ambiente in cui viviamo noi, in campagna, sei abituato a questo stile di vita, che ti si radica dentro in maniera indelebile. In molti di queste zone che ho conosciuto c’è quell’attaccamento. Le abitazioni sono disperse… Siamo abituati a vivere in una certa libertà, che è stata anche una scelta di vita…». Casa, l’Itaca di un arcigno novantenne di Papozze, purtroppo meno fortunato di Odisseo. corriere.it