Sinner batte Medvedev in finale, conquista l’Atp di Vienna

Una finale da pazzi, il successo più sofferto e sudato della carriera. Sinner batte back to back Medvedev a Vienna in tre ore e tre set (7-6, 4-6, 6-3) e incassa il decimo titolo della carriera eguagliando Adriano Panatta, forse il più significativo in termini di crescita personale, come tennis e personalità. L’Austria riconsegna al tennis mondiale un Sinner gigante, il numero 4 del mondo che non deve più temere nessuno, inclusi i suoi stessi limiti fisici. Medvedev, ancora tu? E’ la terza finale stagionale tra il russo e il barone rosso: vittorie del numero 3 del mondo a Rotterdam e Miami, preziosa rivincita dell’azzurro a Pechino, la capitale d’Asia dove è stato rotto un tabù. Ma sono d’altronde questi i match di altissimo livello che Sinner si augura di giocare spesso perché, come ama dire: vinco o imparo. Il quarto del primo set è il game horribilis di Jannik. Con un comodo smash a rimbalzo lungo e una fulminante risposta di dritto incrociato di Medvedev, è già palla break per la Russia. L’uomo di Mosca non deve sforzarsi troppo, perché subito dopo è l’azzurro a costruirsi bene il punto a rete ma a rovinare tutto con una volée alta di dritto steccata. 3-1.
Piovono pietre su Sinner ma lui apre l’ombrello, si ricompone e contrattacca, proprio come con Rublev in semifinale. La reazione è immediata: controbreak a zero spingendo sul pedale della risposta e dell’aggressività, annichilendo il rivale e rimettendosi in carreggiata. Sono (anche) questi i particolari da cui si nota che il numero 4 del mondo è cresciuto in personalità insieme ai suoi colpi: nella settimana di Vienna (con Shelton e Sonego) il servizio ha raggiunto percentuali d’eccellenza, la sperimentazione del gioco a rete continua, ad aver fatto passi da gigante è la risposta di fronte ai grandi battitori (Rublev e Medvedev, ma anche Tiafoe nei quarti). Come scrive il guru Paolo Bertolucci sulla «Gazzetta»: Sinner sta raggiungendo il livello di Djokovic, probabilmente il più grande ribattitore della storia. E’ l’upgrade di tutto il pacchetto che ha permesso a Jannik di sbucare in finale anche a Vienna per la sesta volta in stagione, confermando quella quarta posizione nel ranking che sarà preziosa a Torino per evitare bruttissimi incontri già nel girone delle Atp Finals, l’obiettivo della sua stagione.
Con Medvedev, come in Cina, è match pari, tiratissimo nei palleggi da fondo campo, dal servizio continuano ad arrivare graditissimi punti gratuiti, al resto pensa Jannik scendendo a rete quando può, certo non come con Sonego (quando aveva fatto serve and volley…) ma prendere in controtempo Medvedev gli serve per aprirsi il campo. Via a braccetto fino al 6-5, quando Sinner al servizio ha una sbavatura potenzialmente fatale: risale da 0-30 però poi con una palla corta in corridoio offre un set point al russo. Dal cielo piove un servizio vincente. Poi con la pregevole combinazione servizio-volée di dritto sigilla un game pericoloso. Tie break, come a Pechino. E’ Medvedev a uscire per primo dai blocchi, complici due errori dell’italiano: 2-1. Medvedev non sbaglia più e va in fuga, Sinner insegue ventre a terra: 4-1, 4-4 con drop shot di Jannik, 5-4 Medvedev con servizio vincente, ma Jannik non cede di un millimetro. Ace per il 5-5, 6-5 e set point Italia in seguito a un dritto ad uscire imprendibile. Situazione ribaltata, ancora una volta.
Medvedev si difende con una seconda però, nello scambio, l’azzurro perde la misura del rovescio incrociato: occasione buttata. 6-6. Ed è un altro rovescio infelice, questa volta in rete, che restituisce il set point (secondo) all’uomo di Mosca. Ace di Sinner (terzo del tie break). 7-7. Controsorpasso per l’8-7, ora il set point è per Sinner, che sfonda di dritto. 9-7 (7-6) in un’ora e due minuti. Il secondo set comincia con Jannik sulle barricate: cancella tre palle break sull’1-1, ma poco dopo un momento di legittimo rilassamento gli fa perdere di vista la palla su una volée alta e il break del russo, dopo un lungo inseguimento, si concretizza. E così va 1-3, 4, 2-4, 3-5, con harakiri al servizio del russo; adesso sono più errori che colpi vincenti ma i due giocatori sono drenati di energie, Medvedev è sfinito però Jannik gli dà una mano: 6-4 per il russo. E si va al terzo. Ci sono subito tre occasioni break al secondo game, non sfruttate da Jannik. Che al terzo game deve cancellarne a sua volta: è stanchissimo, spesso piegato in due sulle gambe dopo lo scambio, ormai entrambi giocano sui nervi, brillantezza e lucidità sono ricordi lontani. Il quarto game è interminabile (32 punti, 8 palle break annullate da Medvedev: è buona la nona) e sembra decidere l’inerzia del match: 3-1 Sinner. E invece no, perché il russo piazza un controbreak che è una martellata sul morale di Jannik. Contrordine: il break è di Sinner, e Medvedev ha un inizio di crampi, zoppica, scuote la testa. 4-2 per l’azzurro. Nel festival delle palle break, tra due pugili suonati, vince chi pesca dentro di sé una stilla in più di energia. E’ Jannik, che esce da titano dalla partita più folle dell’anno, secondo successo consecutivo su Medvedev, l’avversario di cui un tempo non riusciva a venire a capo. 6-3 in cima a un corpo a corpo estenuante, che solo qualche mese fa l’avrebbe messo fortemente in crisi, invece questa volta è lui a dominare. Standing ovation. La mamma in tribuna e il papà nel box del figlio gongolano con discrezione altoatesina. Siglinde e Hanspeter (che in questa circostanza non ha dovuto cucinare: Jannik a Vienna era in un bell’albergo del centro) si mangiano con gli occhi questo figlio che a Vienna ha dimostrato un altro step di crescita, forse il più clamoroso e visibile fin qui (in Austria sono persino comparsi dei rarissimi rovesci in back, staccando la mano sinistra). Va tutto bene, anzi benissimo. Anzi di più. Ed è solo l’inizio. corriere.it