Spalma sul tramezzino la tintura per capelli della moglie, credeva fosse maionese

Un ottantenne ha scambiato un tubetto di tintura per i capelli della moglie per uno di maionese, l’ha spalmato su un tramezzino con prosciutto e formaggio e poi se l’è mangiato. I disturbi sono arrivati dopo pochi minuti con mal di stomaco e senso di bruciore. È stata la dottoressa Lucia Drezza, del Centro antiveleni di Verona, a dare le prime istruzioni al paziente e a tirarlo fuori dai guai nel giro di poche ore. Sono stati momenti di grande panico quelli vissuti venerdì 28 marzo a casa di un vicentino che ha consumato un panino all’apparenza invitante ma che in realtà conteneva ammoniaca, ingrediente marginale del prodotto cosmetico che la donna custodiva in una mensola della cucina. L’infortunio, comunque, ha avuto un lieto fine se, come riferiscono dal Centro antiveleni di Verona, il paziente non ha più chiamato dopo la telefonata di emergenza. «Abbiamo saputo di questo caso», spiega il dottor Giorgio Ricci, responsabile dell’istituto, «dal Suem di Vicenza che a sua volta era stato allertato dai parenti dell’ottantenne». E la situazione si è fatta subito in salita: «Il paziente ha rifiutato di andare al Pronto soccorso dell’ospedale berico perché voleva evitare di fare la coda. Ha anche minimizzato i sintomi provocati dall’aver ingerito l’ammoniaca. “Non sto male, se peggioro ci andrò dopo” ci ha detto in dialetto». Al Centro antiveleni, però, sono attrezzati anche di fronte a queste complicazioni: «La collega Drezza gli ha suggerito allora di curarsi con i protettori dello stomaco e della mucosa gastrica come il pantoprazole. Gli ha anche detto di restare a digiuno da liquidi e solidi per oltre quattro ore e poi provare a mangiare per verificare che non ci fossero difficoltà a deglutire». La fortuna dell’ottantenne è stata anche che nella tintura «l’ammoniaca è contenuta per un massimo al 10 per cento e se si pensa anche alla quantità limitata di maionese utilizzata in un tramezzino, si può dedurre che si è arrivati al massimo a mezzo grammo di veleno». Anche se la quantità è molto limitata, spiega ancora il dottor Ricci «è comunque sufficiente a dare disturbi e anche a qualche ulcerazione ma non è sicuramente letale». L’ottantenne è stato poi invitato a rifarsi sentire al telefono «ma non ha più richiamato, quindi, pensiamo che si sia ristabilito nel giro di poco tempo». La telefonata del vicentino è una delle 14.000 chiamate che riceve in un anno il Centro dell’Azienda ospedaliera scaligera. «A chiamare, però, sono anche i genitori seriamente preoccupati per i loro piccoli che hanno ingerito qualsiasi tipo di sostanza a portata di mano come il tubetto di una crema di bellezza o un prodotto per la casa», fa sapere il dottor Ricci. La metà delle chiamate è di chi afferma che «si è girato solo un attimo e proprio in quel frangente il bimbo ha ingerito la sostanza velenosa». Ci sono poi anche gli anziani con demenza vittime di avvelenamento e, infine, non mancano i raccoglitori di funghi meno esperti che «si intossicano di miceti che credevano commestibili» fanno sapere dall’istituto di Verona. «A Trapani», conclude Ricci, «c’è stato chi ha raccolto mandragora (una pianta tossica, ndr) credendo che fossero spinaci. È arrivato in ospedale con allucinazioni e convulsioni e ha detto ai medici che vedeva perfino i draghi. Anche il suo caso è stato risolto dopo tanta paura». corriere.it