Spritz, ecco la storia del drink più bevuto e dell’aperitivo che ha conquistato il mondo

di Giorgia Spaziani

Percorrendo le gremite calli di Rialto, è possibile imbattersi nell’Osteria “Il diavolo e l’acqua santa”, trafficata tanto da clienti abituali quanto da turisti incuriositi dal suo aspetto rustico. In armonia con l’atmosfera di questo piccolo ristorante, nasce una spontanea necessità di conoscere l’origine e la storia delle locali tradizioni culinarie.

È mezzogiorno quando un uomo comincia a raccontarmi con passione la storia dello “Spritz e Cicchetto”, noto cliché della cultura veneziana. L’aneddoto vuole che la comparsa di questa bevanda sia merito dei militari austriaci, i quali, durante l’invasione napoleonica tra Venezia e Pordenone, non riuscendo a bere il vino friulano “Malvasia” (per loro troppo forte), solevano diluirlo con lo Spritzen (dal tedesco, “spruzzare”), dell’acqua molto frizzante localmente chiamata “Seltz”. Da ciò, il dialetto veneziano convenne il nome di questa mistura per come ora è diffuso: “Spritz”.

Con il tempo la bevanda venne rivisitata, dando adito all’adattamento con il Campari, ed in seguito -esattamente a Murano nei primi anni del Novecento- all’aperitivo in versione Select o Cynar (con aggiunta di una fettina di limone). Quest’ultima rimase accreditata fino a circa vent’anni fa quando lo Aperol sostituì il Select, con l’obiettivo di evolvere la natura dello Spritz, trasformandolo in cocktail (dunque alleggerendolo, e stando al parere dei veneziani odierni, “ruìnando ànca quél poco de vin”). Nell’alveo del Novecento lo Aperol Spritz veniva servito soprattutto alle donne (essendo meno alcolico), e veniva consumato d’estate in quanto è molto rinfrescante. 

Così come avviene con il consumo rituale dello Spritz, è in uso sorseggiare al bàcaro “l’ombra de vin”, ovvero del buon vino, e assaporare il “cicheto”, cioè delle piccole porzioni di prelibatezze locali. I veneziani attribuirono al vino fresco la denominazione “ombra” poiché i vinai di Piazza San Marco solevano spostare le proprie botti per giovare ad ogni ora dell’ombra tracciata dal Campanile, con il fine ultimo di preservare la freschezza del vino.

L’accompagnamento perfetto, sia per Spritz che per l’ombra, è il cicchetto, la cui etimologia proviene dal latino “cicus” (“piccolo”). Stando alla tradizione, per essere tale, il cicheto doveva essere una piccola porzione cotta di trippa, o di sanguetto, o di rumegal (carotide di bue lessa) o di spienza (milza). Successivamente anche il cicheto ha conosciuto un’evoluzione di sapori e di modalità di cottura. Al giorno d’oggi è possibile trovare il chiceto dibaccalà mantecato e anche dei fritti.