Veroli, mostra Klimt una pezza a colori all’insegna dell’improvvisazione
di Marco Bussagli*
Le speranze di Klimt. Non sono, naturalmente, quelle del pittore viennese (che non teme certo l’oblio, vista la grandezza della sua arte): le speranze sono di un povero paese che vede nella presenza di un evento multimediale come la mostra denominata Klimt Esperience, l’ultima spiaggia prima del definitivo naufragio.
Intendiamoci bene. Due cose vanno precisate: Veroli, il paese in questione, non è affatto “povero”, è anzi ricco di storia, di bellezze e di tradizioni che potrebbero farne un’ambita meta turistica. L’altra cosa da precisare è che Klimt Experience è una bella iniziaiva che arriva a Veroli come una novità e un incentivo a seguire le strade dell’arte lasciandosi affascinare dalle opere del grande artista che fu, di fatto, l’inventore del fenomeno della Secessione viennese da cui derivò la moda dell’Art Noveau, meglio nota al grande pubblico con l’epiteto di Liberty.
La ricerca di uno stile innovativo, detto “floreale”, cosinvolse figure di grande rilievo come Kolo Moser che traslò i temi dalla ricerca pura a quella delle arti applicate diffondendo nell’Europa della fine del XIX secolo e dei primi due decenni del XX quella che allora apparve come modernità. Mobili, carte da parati, risguardi di copertina, vestiti, architetture e oggetti di uso quotidiano (come piatti, vasi, lampadari, caraffe, orologi da tavolo) furono interessati da questa novità stilistica.
Di tutto questo, la bella mostra verolana racconta in parte, incentrata com’è sulla biografia dell’artista, anche se è possibile ammirare la riproduzione dei vestiti progettati da Emilie Flöge, stilista straordinaria che, nonostanze le intemperanze amorose del maestro, gli fu vicino tutta la vita e contribuì alla visione artistica di Klimt. Completano l’insieme, gigantografie delle opere di Klimt, i pannelli con le date salienti della sua vita, l’inquadramento storico dell’epoca e le postazioni dei visori 3D che permettono di entrare negli ambienti e nella Vienna di allora come se li vivessimo. Una bella esperienza di cultura e di arte.
Curata da Sergio Risaliti, Direttore del Museo del Novecento di Firenze, per Crossmedia, la mostra virtuale, giunta a Veroli attraverso la mediazione di LazioCrea, sfrutta una modalità sperimentata fin dal 2012 quando, a Roma, con la consulenza di uno speciallista della levatura di Claudio Strinati, Palazzo delle Esposizioni ospitò una Caravaggio Experience dove, come a Veroli, le immagini delle opere di Michalngelo Merisi venivano proiettate sulle nude pareti delle sale in una totale immersione sensoriale completata dalla suggestione della musica.
In Palazzo Campanari, le esperienze visive sono quelle dei capolavori del grande pittore quali la Giuditta o Il bacio qui citati ad exemplum fra le settecento opere che si moltiplicano avvolgendo lo spettatore, mentre le nostre orecchie sono felicemente stordite dalle musiche di Strauss, Mozart, Lehar e Wagner che rendono ancor più coinvolgente l’esperienza virtruale. Dunque, un bilancio positivo che ha visto un’affluenza di almeno mille persone (dati della Pro Loco che gestisce l’evento). Tuttavia, non è questo il punto.
Si capisce benissimo che l’Amministrazione Comunale sta cercando una via d’impiego per Palazzo Campanari che, invece, doveva essere ben chiara prima dell’acquisto con soldi pubblici. La domanda è: valeva la pena di spendere 900.000,00 euro, più i 200.000,00 messi in campo per la ripulitura e la messa a norma del Palazzo per fare felici 1000 persone che te ne restituiscono 5000,00?
A questi impegni di spesa vanno aggiunti i costi della mostra: 18.300,00 euro a C&T Crossmedia s.r.l., (detrrmina n° 944 R.G. del 9. 12. 2021), cui se ne devono sommare altri 10.000,00 euro (detrrmina n° 1028 R.G. del 22. 12. 2021) per l’allestimento della mostra e per la grafica. Insomma, oltre 1.000.000,00 di euro per 1000 persone.
Neppure questo, però, è il vero problema. Quello che stupisce, in realtà, è l’improvvisazione: il fatto è che non sapendo cosa fare di Palazzo Campanari, prima lo si sia tasformato in una location per i matrimoni e, adesso, si è colta questa felice occasione; ma – mi si permetta – non è così che si amministra. A Napoli, si dice “pezza a colori” quando si deve coprire un buco con quello che capita.
Bisogna invece dire che, in questi decenni, il Comune non ha saputo intraprendere una politica di ripopolamento del centro storico, cullandosi nell’idea che, tanto, Veroli subisce la crisi di tutti i piccoli centri.
Scelte sbagliate, però, sono state fatte, ad iniziare dal baratto del Distretto Scolastico con la Comunità Montana, per continuare con lo spostamento dell’Ufficio Postale. A ruota sono andate via dal centro storico le banche, le farmacie, togliendo ogni incentivo alla necessità di entrare in paese. Inoltre, non si può tacere che su 120 kmq (questa la misura del vasto territorio verolano) ci sono solo 100 posti letto per l’accoglieza turistica. Il che vuol dire che Veroli è condannato a un turismo mordi e fuggi. Insomma la mostra Klimt Experience è una bella ciliegia sulla torta, ma… senza la torta.
Un’ultima notazione. Non ci sono indicazioni stradali (come manifesti o segnali) che conducano alla sede espositiva. Le uniche sono appese al Palazzo Comunale, dove, però, non si tiene l’esposizione.
*Consigliere comunale di Veroli e professore Accademia di Belle Arti di Roma